Lauree con valore legale e senza valore reale

22 05 2009

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Articolo che è tornato di stretta attualità, dopo le indiscrezioni circa l’arrivo in cdm a giugno della riforma dell’università con appunto al suo interno un vecchio cavallo di battaglia liberale, l’abolizione del valore legale della laurea

Il ministro Gelmini, alcuni mesi fa, ha affermato che l’abolizione del valore legale del titolo di studio rappresenta il punto di arrivo di un progetto riformista. Un’indiscrezione de La Stampa segnala che l’avvio di questo processo dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri, all’interno di un disegno di legge di riforma dell’Università (che comprende anche il commissariamento per gli atenei in rosso), all’inizio di giugno.
Cosa intendiamo per “valore legale del titolo di studio”?
E’ la garanzia d’idoneità, con effetto giuridico, che lo Stato riconosce a tutti coloro che superano esami o qualunque atto soggetto a valutazione, alla fine (e quindi a coronamento) di un corso di studio.
Detto così sembrerebbe sostanzialmente ingiusto abolire una legittimazione che tutela gli studenti.
Letteralmente però il valore legale del titolo di studio si riduce alla garanzia giuridica che ogni “pezzo di carta” offre a chi ne diventa titolare. In sintesi, prendere la laurea in una determinata università corrisponde esattamente ad ottenerla in un’altra università.
Dove è il problema? Il problema è che le università non preparano gli studenti allo stesso modo né assicurano, almeno, uno standard minimo comune dei livelli di apprendimento, anche se, per la legge, dovrebbe essere vero il contrario. Soprattutto per quanto riguarda l’accesso nella Pubblica Amministrazione: ci si riferisce ai concorsi pubblici, dove è richiesta la laurea, per i quali ogni titolo di studio, qualunque sia l’università nella quale ci sia laureati, ha lo stesso valore.
Oltre che per la PA, la laurea “legale” e non la formazione “reale” è un requisito di accesso alle professioni regolamentate: avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti, farmacisti… Più che il percorso universitario affrontato, in questo caso, vale la capacità – dopo aver conseguito il titolo – di superare la barriera dell’accesso all’ordine, secondo logiche non sempre meritocratiche.
Un sistema del genere produce un effetto peggiorativo della qualità delle università italiane. Se ottenere una laurea presso un rinomato ateneo, dopo anni di impegno serio, corrisponde a conseguirla in un’università meno importante, dove magari il “pezzo di carta” lo regalano (per accrescere le immatricolazioni e quindi i finanziamenti statali), si determina, nella generalità dei casi, un disincentivo ad offrire standard formativi più alti.
Il valore legale parifica i percorsi universitari e quindi disabilita la concorrenza tra le università.
Ciò produce notevoli distorsioni e danni a tutto il sistema, portando le università a non avere alcun incentivo a scegliere docenti veramente preparati rispetto ai raccomandati del barone di turno.
Tornando alla pubblica amministrazione, è innegabile che un panorama del genere non le consente di selezionare i migliori e ciò comporta un’inefficienza complessiva dovuta, almeno in parte, anche all’impreparazione di certi assunti.
E’ ovvio che questo non accade nei settori privati dove vengono reclutati candidati in base alla preparazione e secondo criteri legati anche ai ranking internazionali delle università dalle quali provengono.
Insomma l’abolizione del valore legale riuscirebbe a creare un circolo virtuoso, basato sulla meritocrazia che è una parola piuttosto abusata, ma una scelta spesso impraticabile con le regole attuali.
Andando in questa direzione, ad essere danneggiate sarebbero finalmente le università improduttive o quelle che, invece di migliorare la propria credibilità, hanno fatto proliferare in maniera assurda facoltà, corsi di laurea e sezioni distaccate con uno sperpero vergognoso di risorse statali. Insomma, l’abolizione del valore legale della laurea è un passo essenziale per riportare l’ università italiana a livelli di efficienza e eccellenza.





Università: pronto un ddl che cambierà i criteri di selezione dei docenti

25 03 2009

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Un nuovo disegno di legge sull’università vedrà la luce nei prossimi mesi.

Il ministro Maria Stella Gelmini sta predisponendo un disegno di legge, per modificare in modo radicale le norme riguardanti la Governance degli atenei italiani. Nel disegno di legge, che attualmente è in fase di elaborazione, è prevista una novità di grande importanza, la quale riguarda il sistema di selezione dei docenti universitari, dei ricercatori, e dei professori associati.

Cosa cambia?

I concorsi, fino ad oggi tenuti nei singoli atenei per la scelta dei docenti, saranno sostituiti da una selezione divisa in due fasi. Per diventare docente ordinario, ricercatore e professore associato si dovrà affrontare una abilitazione scientifica nazionale, indicando la produzione scientifica che i candidati sono riusciti a realizzare in precedenza.

In questa maniera, la comunità degli studiosi dovrà solo valutare la caratura scientifica dei partecipanti. I singoli atenei sceglieranno i docenti ed i ricercatori, di cui hanno bisogno, tra quanti sono in possesso della abilitazione e sono inseriti negli elenchi nazionali degli studiosi, apprezzati per il lavoro scientifico svolto.

Secondo le linee generali del disegno di legge predisposto dal ministro Gelmini, il consiglio di amministrazione degli atenei sarà composto da personalità esterne, imprenditori, finanziatori esterni e privati, professionisti affermati, in modo da accrescere l’autorevolezza dei rettori universitari, sottraendoli alle nefaste pressioni esercitate dai colleghi.

insomma

Un disegno di legge che dovrebbe colpire le logiche corporative e i conflitti di interesse del mondo universitario.
Per il momento ci sono solo delle linee guida, sulle quali si registra la convergenza del mondo accademico e dell’opposizione. Martedì c’è stato un primo confronto positivo con il ministro, con più di 70 rettori, il responsabile Pd dell’educazione, Giuseppe Fioroni, il presidente della Crui Enrico Decleva, il vice capogruppo del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello e il senatore del Pdl Giuseppe Valditara.

Ci sono tutti i presupposti per creare qualcosa che vada a smantellare certe abitudini negative all’interno dell’Università. Il cammino è ancora lungo ma la convergenza attuale indica buone possibilità di riuscita

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A Bologna le maestre fanno politica nelle scuole

12 02 2009

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Originale ma pericolosa protesta è quella messa in piedi dalle maestre di una scuole elementare di Bologna.

Voto politico per protestare contro il ritorno ai giudizi espressi in decimi reintrodotti dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gemini. Ma non si tratta di ‘sei’, come accadeva nel ’68. Questa volta, i giovanissimi studenti delle scuole elementari ‘Longhena’ di Bologna hanno conseguito 10 e lode in pagella in tutte le materie.

Nel particolare

Ci troviamo alle primarie Longhena di Bologna, dove il collegio dei docenti, appellandosi all’autonomia scolastica, ha deliberato che si sarebbe preso un periodo di riflessione prima di adottare i voti previsti dalla nuova legge, in modo da stabilire i criteri per la classificazione. A quel punto il dirigente ha emesso un ordine di servizio richiamandoli al dovere di assegnare i voti previsto dalla legge, mettendo in chiaro anche la possibilità che incorressero nelle sanzioni disciplinari del caso.
Per tutta risposta, 34 insegnanti su 36 hanno riconosciuto il massimo della votazione a tutti i bambini, accompagnandolo con un giudizio che evidenzia i progressi personali di ognuno in relazione a competenze e capacità.

E ancora

DIECI in tutte le materie per tutti i bambini. Anche l´ultima pagella è stata consegnata ieri alle famiglie delle elementari Longhena. Con voto politico: non il «sei» del Sessantotto contro la scuola autoritaria, ma il «dieci» contro la scuola che classifica i bambini. E un giudizio uguale per tutti: «L´alunno possiede conoscenze e competenze esaurienti in relazione alle proprie capacità. Obiettivi raggiunti in modo personale». Così gli insegnanti della primaria di via Casaglia hanno deciso di protestare contro la riforma Gelmini che reintroduce i voti in decimi alle elementari.

Immediata la replica del ministro Gelmini

“Non è eticamente corretto rifiutarsi di informare le famiglie soltanto perchè non si condivide la politica del Governo”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, commentando la decisione di una scuola di Bologna di dare a tutti gli alunni dieci e lode per contestare la scelta del Governo di passare dai giudizi ai voci decimali. “Chi fa il dirigente o l’insegnante  è chiamato a svolgere un ruolo istituzionale e non a fare politica. La politica può farla fuori dalla scuola, ma quando è in classe il suo compito è un altro“. Secondo il ministro, quello che è accaduto a Bologna “è un fatto grave che denuncio con forza. Crea soltanto disorientamento nelle famiglie”.

Anche da chi non ha votato la riforma Gelmini critiche alla decisione

Ho votato contro la riforma Gelmini ma oggi e’ una legge dello stato a tutti gli effetti e va rispettata. Le istituzioni scolastiche non possono non tenerne conto e trovo scandaloso che in una scuola di Bologna si arrivi a strumentalizzare i bambini per fini meramente politici

e ancora

‘Quanto avvenuto alla scuola elementare Longhena di Bologna dimostra che l’emergenza educativa trae origine dagli insegnanti stessi ancor prima che dagli alunni. Quella del ’10 politico’ e’ una trovata dall’eco sessantottino aggravata fino all’estremo. E’ a questa categoria di ‘cattivi maestri’ che va assegnato uno zero tondo-tondo. Il ministro dell’Istruzione adotti urgentemente tutti i provvedimenti disciplinari del caso’

Per chi avesse dubbi sul carattere politico della protesta basta guardare chi è tra i promotori dell’iniziativa

A parlare dell’iniziativa Marzia Mascagni, insegnante delle Longhena e responsabile scuola del Prc di Bologna.

Da segnalare le aspre critiche dei lettori de Il Resto Del Carlino

Insomma l’ennesimo esempio di chi sfrutta i bambini per fare battaglie politiche ideologiche. Veramente indecente strumentalizzare gli alunni per iniziative di stampo sessantottino, vuote nei contenuti e ridicole nelle forme. E per di più è pericoloso violare le leggi in un modo cosi palese, non rispettando le leggi del parlamento. Insomma la solita vergognosa azione di una sinistra che per fare propaganda si mette a sfruttare pure i bambini

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Importanti novità nel decreto Gelmini

27 11 2008

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Il decreto legge Gelmini sull’università, licenziato dalla commissione Istruzione del Senato arriva all’esame dell’aula. Diverse le novità apportate in commissione

Gli emendamenti del relatore hanno introdotto una stretta sui baroni (per fare carriera i docenti dovranno produrre pubblicazioni scientifiche, bando, insomma, ai fannulloni) e l’obbligo per gli atenei di rendere più trasparente l’uso delle risorse messe a bilancio e la produzione scientifica

C’è una svolta di severità nel decreto Gelmini sull’università nelle modiche contenuta in un pacchetto di tre emendamenti, presentati dal relatore Giuseppe Valditara e largamente condivisi sia dal governo che dalla maggioranza.

Nel particolare

Un primo emendamento stabilisce che il rettore deve presentare annualmente una relazione sull’attività non solo di ricerca e di formazione, ma anche di «trasferimento tecnologico»: cioè deve spiegare quanto le ricerche condotte dal suo ateneo hanno prodotto innovazione e quindi competitività per il sistema. Se questa relazione non ci dovesse essere, ci sarà un taglio sui trasferimenti statali.

Secondo emendamento. Deve essere allestita un’«anagrafe nazionale» dei docenti e dei ricercatori, aggiornata annualmente, nella quale si dice per ciascun soggetto quali ricerche e quali pubblicazioni ha fatto.

Terzo punto, il più controverso. A partire dal 2011, gli scatti biennali di stipendio previsti per tutti i docenti, saranno subordinati alle pubblicazioni scientifiche effettuate. E chi non avesse fatto nulla? Vedrà l’aumento dimezzato. Non solo: non potrà neppure partecipare alla ripartizione dei fondi Prin (cioè quelli riservati ai più importanti progetti nazionali di ricerca) e non potrà far parte delle commissioni per i concorsi.

Soddisfazione da parte dei rettori delle università con i conti a posto

«La scelta del senatore Valditara mi trova perfettamente d’accordo – commenta Vincenzo Milanesi, rettore dell’università di Padova, una di quelle con i bilanci più in ordine – in quanto sono d’accordo sull’introduzione di criteri rigorosi di valutazione e sulla meritocrazia. Aggiungerei addirittura un elemento in più: non basta aver fatto delle pubblicazioni, occorre averne fatte di qualità. La norma, dunque, deve definire anche gli standard minimi»

e ovviamente da parte del ministro Gelmini

“Da vent’anni si parlava di come legare il merito alla carriera dei professori e di come vincolare i finanziamenti all’universita’ in base a parametri che ne valutassero la qualita’. Per la prima volta le carriere dei docenti non saranno legate a scatti automatici ma – come previsto dagli emendamenti approvati in commissione – al merito ed alla ricerca effettivamente svolta”





Gli studenti occuperanno le sedi dei giornali?

7 11 2008

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Varato il DL della Gelmini sull’Università. Il Sole 24 ore parla di un passo verso il merito e di strada giusta imboccata, il Corriere della Sera parla di prova di coraggio

Si attendono le dichiarazioni degli studenti violentemente pacifisti, probabili le occupazioni dei giornali fascisti appena citati. Ufficiosamente pare stia per uscire un documento nel quale si rivendicano il diritto a non andare a scuola, a saltare le lezioni e a girovagare insieme agli amici tutti i giorni tra qualche slogan di 40 anni fa e 2-3 cannette. Qualsiasi intervento in opposizione a questi 3 diritti sarà inteso come attacco al cazzeggio libero.





Lista Ministri, il nostro giudizio

7 05 2008

Silvio Berlusconi accetta l’incarico e presenta la sua squadra di governo.
Dodici i ministri con portafoglio: Alfano (Giustizia), Maroni (Interni), Scajola (Attività Produttive) La Russa (Difesa) Tremonti (Economia), Frattini (Esteri), Matteoli (Infrastrutture), Prestigiacomo (Ambiente) Sacconi (Welfare), Bondi (Beni Culturali), Gelmini (Istruzione), Zaia (Politiche Agricole).

Nove i dicasteri senza portafoglio: Vito (Rapporti con il Parlamento), Bossi (Riforme) Calderoli (Semplificazione) Ronchi (Politiche Comunitarie), Fitto (Affari Regionali), Brunetta (Funzione Pubblica), Rotondi (Attuazione del Programma), Meloni (Politiche Giovanili), Carfagna (Pari Opportunità)

Tra i ministri con portafoglio
ottimi – maroni, sacconi (l’ipotesi prestigiacomo non era il massimo), frattini
buoni – tremonti (preferivo martino), matteoli, scajola, la russa, gelmini (anche se è una ciellina quindi aspettiamoci polemiche)
discreti – prestigiacomo
non conosco – zaia, alfano (è una scommessa, non potrà fare peggio di mastella)
male – bondi (massima simpatia ma non mi sembra tra i migliori del pdl)

Tra i ministri senza portafoglio
ottimi – meloni (possibile leader del futuro), brunetta (ottimo nome)
buoni – ronchi, fitto
discreti – carfagna (non è completamente sprovveduta anche se non le avrei dato un ministero), vito (anche se conoscendono non è il massimo per mediare con il parlamento), calderoli (se ne intende di leggine e regolamenti)
male – bossi (secondo me non è in grado), rotondi (basta con sti dc)

Ho letto anche della brambilla viceministro alla salute (pessimo), mantovano dell’interno (ottimo) e di deleghe per giovanardi (lotta alle tossicodipendenze), urso e landolfi.

La cosa positiva è il numero totale dell’esecutivo: 60
I nomi non sono eccezionali ma nei posti chiave veramente buoni.
Peccato per la Poli Bortone ma immagino che sarà candidata alle regionali in Puglia. Alla giustizia forse c’erano nomi migliori (bongiorno, mantovano, pera) ma come già detto alfano è una novità, vedremo