IL FAZIOSO LIBERALE SI TRASFERISCE
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Il centrosinistra italiano è in difficoltà e questo lo sanno tutti ma oggettivamente condivide questo brutto momento con praticamente tutti i movimenti, della stessa area politica, degli altri grandi paesi europei.
In effetti i sondaggi effettuati nelle scorse settimane riferiscono di situazioni molto difficili (e persino tragiche in alcune nazioni) per i partiti di centrosinistra in tutta Europa.
In Gran Bretagna i Laburisti sono al minimo storico, con appena un quarto delle intenzioni di voto, a oltre 15 punti dai Conservatori di Cameron e persino vicino all’onta di essere scavalcati come secondo partito dai Liberali Democratici.
In Francia, nonostante le critiche al governo di centrodestra e l’appeal appannato di Sarkozy, i Socialisti non ne sanno approfittare e sono sotto di almeno 5 punti (intorno al 22%) rispetto all’Ump. Pagano le difficoltà di leadership e la concorrenza dei partiti più a sinistra (Verdi, Anticapitalisti, Pcf).
In Germania i Socialdemocratici della Spd (circa al 26%) hanno pochissime possibilità di vincere le elezioni politiche di settembre e risultano essere a quasi 10 punti dalla Cdu del cancelliere Merkel.
Persino in Spagna Zapatero soffre e per la prima volta da molto tempo i Popolari sembrano saldamente primo partito nazionale (al 42%) con quasi cinque punti di vantaggio sui Socialisti.
In questo panorama sarà probabilmente il centrodestra con il Partito Popolare Europeo a dominare, nella conta dei seggi, il Parlamento di Strasburgo la sera del 7 giugno.
Eppure, immediatamente dopo il crollo di Wall Street, i commentatori prevedevano una rivalutazione delle idee di sinistra in opposizione alle proposte più liberiste della destra. Ma questa sicurezza sul futuro si è clamorosamente scontrata con la realtà che vede un centrodestra fortissimo ovunque.
Evidentemente la sinistra non è stata in grado di dare un’alternativa, di proporre una politica efficace. A Roma, Berlino, Londra, Parigi hanno perso la propria identità, tentando inizialmente di riciclarsi allontanandosi da posizioni socialista, per abbracciare un riformismo poi rivelatosi sterile, e finendo per dimostrarsi né carne né pesce.
Il risultato è che si sono fatti scavalcare a sinistra sui temi sociali da formazioni di stampo comunista (che cavalcano il voto di protesta) o in generale da formazioni più orgogliosamente identitarie.
Il ritardo della sinistra europea nel sapere presentare un valido programma di risposta alla crisi ha messo i partiti di centrosinistra nella condizione di non saper rispondere né ai problemi economici né alle conseguenze per i cittadini. Sia in Italia che altrove sono risultati poco chiari e poco inclini a presentare progetti politici con punti chiari in grado di mobilitare l’elettorato sui temi sociali.
Anche a livello europeo scontano una mancata unità (su questo punto i democratici italiani sono maestri, visto che ancora non si sa a che gruppo parlamentare aderiranno) non riuscendo nemmeno a presentare un unico capolista da contrapporre a Barroso. Nonostante i proclami di facciata non puntano sull’Europa, continuando a darsi la zappa sui piedi con un attendismo politico piuttosto allarmante. A questo punto è logico pensare che siano proprio i contenuti a mancare, essendosi disciolta un’identità di base che resisteva da decenni.
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