Quando Di Pietro era a favore del reato di clandestinità

3 07 2009

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Ieri i senatori di Di Pietro (che come i deputati dell’Idv han votato No) si sono resi protagonisti di una protesta demagogica attaccando il governo sul reato di immigrazione clandestina e sulle presunte leggi razziali.

Ma andiamo a rileggerci qualche dichiarazione (e convinzione) del trebbiatore

Nel 1997 Di Pietro su “Oggi” evocava il “taglio d’attributi” (A.Polito,Di Pietro è tornato ma l’Italia è diversa,in La Repubblica,5 settembre 1995) agli immigrati delinquenti.

Nell’agosto del 1998,Di Pietro sparava a zero sulla politica sull’immigrazione dell’Ulivo definendola “permissiva” e chiedeva di arrestare e rimpatriare in 24 ore gli immigrati che si rifiutavano di rivelare la nazione di provenienza. “Di Pietro è superficiale e demagogico”,dichiarava Ranieri dei DS.La Iervolino lo invitava a ricordarsi dei diritti umani e Corbelli lo voleva persino denunciare per istigazione alla xenofobia.

La verità è che il leader dell’IDV è sempre stato a favore del reato di immigrazione clandestina.”Dando per scontato che la clandestinità deve costituire reato“,dichiarava a Trieste nel 2001, “il problema della pena è legato a quello di una riforma del Codice di procedura penale” (Ansa,17 febbraio 2001).Il reato di immigrazione clandestina,che a giudizio dell’ex -pm doveva essere punita con il carcere da 15 giorni a tre anni,non doveva scattare al momento dell’immigrazione,ma al momento della contestazione.Nel decreto con cui l’immigrato clandestino veniva espulso,avrebbe dovuto essere indicata la pena che il pm chiedeva al gip nel caso il clandestino fosse stato ritrovato in territorio italiano.Solo quando ciò avveniva dovevano scattare l’arresto per direttissima e la pena (Ibidem).

Si oppose anche al voto degli immigrati alle primarie dell’Unione. La legge Turco-Napolitano a suo dire era «troppo permissiva», perché il rimpatrio doveva aver luogo entro ventiquattr’ore.

Che l’immigrazione clandestina divenga reato è indispensabile per il nostro Paese“,dichiarava l’ex-pm.”Noi rispettiamo  l’immigrato che lavora onestamente e che sia regolarmente registrato.Ma riteniamo anche che non si possa piu chiudere un occhio di fronte a chi viola la legge.Se un italiano,per esempio,si rifiuta di dare le proprie generalità,commette un reato.Non si capisce perchè lo stesso non debba valere anche per l’immigrato” (Ansa 15 maggio 2008).

Tra le misure ipotizzate per affrontare l’emergenza clandestini l’IDV prevedeva l’istituzione dei “centri di identificazione amministrativa” e l’inserimento nel Codice del reato di “mancata collaborazione alla propria identificazione”.In sostanza Di Pietro cambiava le parole pensando di cambiare le cose.Ribattezzava i CPT centri di identificazione amministrativa,senza peraltro spiegare se gli immigrati dovessero essere trattenuti a forza come prima oppure no,e poi introduceva un reato che era la fotocopia di quello di clandestinità,il cui solo titolo,”mancata collaborazione alla propria identificazione”,faceva insieme sorridere e venire i brividi.

La solita coerenza del re di Montenero di Bisaccia (già smontata anche sul referendum). E al link citato ci sono altre perle….





L’Italia dei Valori candida a sindaco di Foggia un falso dentista condannato

20 04 2009

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In molte città e province pare che l’Italia dei Valori voglia provare ad andare da sola, anche in concorrenza con il Pd.
E’ il caso di Foggia, dove comunque potrebbe esserci un accordo con il Pd

Riunione dei segretari dei partiti di centrosinistra, ieri pomeriggio. All’ordine del giorno la formalizzazione dell’offerta di candidatura a sindaco di Foggia al presidente dell’Ente Fiera Gianni Mongelli. L’Italia dei Valori, che preferisce presentarsi all’elettorato in maniera autonoma, con una propria lista ed un proprio candidato sindaco, lancia una nuova proposta. “Non vogliamo spaccare il centrosinistra – ha dichiarato Orazio Schiavone – per questo lancio una proposta : metto a disposizione del centrosinistra la mia candidatura a sindaco oppure suggerisco il nome di un autorevole esponente istituzionale del Partito Democratico che potrebbe essere il consigliere provinciale Sergio Clemente

Ma chi è questo Schiavone?

La corte di appello di Bari ha condannato Orazio Schiavone, segretario provinciale dell’Italia dei Valori, a 24 giorni di reclusione, con pena sospesa, oltre al risarcimento del danno alle costituite parti civili e al pagamento delle spese processuali. Schiavone è stato considerato colpevole di esercizio abusivo della professione odontoiatrica

Ma Di Pietro non doveva cacciare tutti i condannati (e inquisiti) dal partito?. Ora pare promuoverli persino a candidati sindaci. Forse deve ricambiare qualche favore dentistico.





Alle europee candidati anche Di Pietro e Vendola, pure loro truffatori?

4 04 2009

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Chissà cosa dirà Franceschini di due “nuove” candidature di 2 partiti con i quali il suo Pd è legato da alleanze. Definirà truffatori anche Di Pietro e Vendola?

Di Pietro si candiderà alle europee in tutte le circoscrizioni

La lista dell’Italia dei Valori sarà piena di personalità della società civile ma credo che sia giusto che sia io come presidente del partito ad prendermi la responsabilità di guidare la lista”

e attacca Franceschini

Ma benedetto Iddio se il leader del centro destra si candida come capolista, ci deve essere qualcuno a contrastarlo con le stesse armi! E se Franceschini ha deciso e non vuole mettersi in gioco, a chi devono affidarsi gli elettori?”, chiede l’ex Pm. Sulla decisione di Franceschini di non scendere in campo alle Europee, il leader dell’Italia dei valori, rispondendo ai giornalisti, afferma che il segretario democratico “deve dire così perché non può o non deve candidarsi”

Ma si prende le critiche di Tonini del Pd

Sbaglia tre volte”  “La prima perché, come Berlusconi, inganna gli elettori visto che lui chiaramente al Parlamento europeo non metterà mai piede. La seconda perché l’idea di inseguire il premier sul terreno del populismo è perdente. Terzo perché conferma così l’idea di quanti criticano il suo partito perché legato eccessivamente alla sua figura”

Anche Vendola si candiderà nella neonata lista Sinistra e Libertà (e non si dimetterà dalla presidenza della regione Puglia)

Si candiderà in Europa, in una o più circoscrizioni, nonostante l’incompatiblità. “La posizione di Franceschini mi sembra un politicismo incomprensibile ai più. Io mi candiderò, sento l’obbligo morale di mettermi a disposizione: sono un punto di riferimento ben oltre la mia regione e non intendo sottrarmi a questo impegno con il partito”

Insomma la crociata di Franceschini pare non aver attecchito nei partiti vicino al suo. E oltre alla beffa si prende anche critiche che puntano sulla demagogia della sua uscita e ipotizzano addirittura che non sia in grado di candidarsi alle europee.





Maruska, la pasionaria Alitalia. Scartata ai provini del GF, riesumata per le europee da Di Pietro

1 04 2009

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Antonio Di Pietro ha scelto come candidata per le liste dell’ Idv alle Europee la hostess “pasionaria” Piredda Maruska da non confondere con l’altra eroina delle giornate di lotta Daniela Martani.

Nella presentazione, Di Pietro non manca di stralodare la sua nuova prediletta

Piredda Maruska si è opposta allo sfascio di Alitalia ma è rimasta con la divisa addosso, orgogliosa di una lotta per mantenere l’orgoglio di una compagnia di bandiera. Non ha denigrato la compagnia, in una protesta volta a farle mantenere il suo ruolo di compagnia di bandiera. Una lotta in cui si è impegnata nel rispetto delle regole e senza mai scadere nel gossip

Insomma una candidatura di peso. Maruska ha tentato con scarsi risultati di contendere alla Martani il ruolo di pasionaria anche in tv. Fu infatti scartata ai provini del Grande Fratello ma fu protagonista sia ad Annozero sia all’Arena di Giletti. In tal occasione ebbe anche un invito da Fede per la trasmissione Sipario, ma anche lì le è stata preferita la Martani.

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Veltroni “Il PD sul ddl Eluana avrà una linea” ma poi in realtà voteranno tutti in ordine sparso

9 02 2009

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Oggi Veltroni ha dichiarato

Il Pd avrà una linea sul ddl varato dal Governo per il caso-Englaro, la libertà di coscienza sarà rispettata, ma i gruppi esprimeranno un orientamento prevalente, “non come l’Idv dove il leader ha detto una cosa e i due capigruppo un’altra”.  “I gruppi parlamentari esprimeranno un orientamento prevalente, poi ci sarà libertà di coscienza”.

Se uno si impegna a tradurre il linguaggio stile “ma anche” di Veltroni si capisce che il PD non avendo una linea comune (tra l’altro già sul testamento biologico nelle scorse settimane non era riuscito a presentare una proposta unitaria) voterà in ordine sparso, rispettando la libertà di coscienza. Abbastanza ridicolo il paragone con l’Italia dei Valori che sul ddl si comporterà esattamente come il PD. Insomma Veltroni con l’idiozia dell’orientamento prevalente (che non vuol dire nulla visto che non è vincolante) vorrebbe far passare l’idea di un partito fermo sul no quando invece non è vero.

Tanto è vero che persino Pravda Repubblica lo fa notare chiaramente

La vicenda di Eluana Englaro anima il dibattito nel Pd. Con il rischio di nuove divisioni. In discussione c’è l’atteggiamento da tenere nel momento in cui il decreto legge del governo arriverà in Aula. Walter Veltroni  e Dario Franceschini annunciano il loro no, alcuni parlamentari non parteciperanno al voto, mentre la pattuglia dei Teodem (cinque deputati e sette senatori) e nomi di peso del Pd come Enrico Letta, Beppe Fioroni, Pierluigi Castagnetti e Francesco Rutelli, annunciano invece un voto favorevole.
Una decisione che, di fatto, vedrà i parlamentari democratici non votare in modo unanime. Dando un’immagine che rischia di creare disorientamento nell’elettorato. Veltroni però getta acqua sul fuoco. “Bisogna abituarsi al fatto che nei grandi partiti esistano posizioni diverse sulle questioni etiche. Materie nelle quali non può scattare la disciplina di partito.

E per la cronaca domani alla manifestazione indetta dai piddini i radicali (che mi sembrano l’unica vera opposizione al ddl) non parteciperanno

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Di Pietro impazzito “Governo ricalca orme del nazismo”

5 02 2009

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Ormai Di Pietro è impazzito. Dopo aver insultato Napolitano (che oggi tira di nuovo per la giacchietta richiedendogli – confermandosi un asino- di fare qualcosa che la costituzione non gli consente di fare), oggi se ne esce con un’altra dichiarazione francamente imbarazzante. Leggiamo

Quello che sta avvenendo nel nostro Paese, ad opera dell’attuale governo, sembra ricalcare più le orme del partito nazionalsocialista tedesco degli anni 30 che quelle di una democrazia fondata sul diritto.

e ancora

Ora, con un colpo solo, si accinge ad un “poker di porcherie” degno del peggior modello argentino: la nomina dei componenti del Consiglio di amministrazione della Rai, la modifica dell’organo di autogoverno della Corte dei Conti, la limitazione delle intercettazioni telefoniche, la modifica dei regolamenti parlamentari.

Bastano i commenti di Gasparri e Cicchitto per definire quest’uscita vergognosa del trebbiatore

Maurizio Gasparri si affida all’ironia e dice “ho acquistato uno scolapasta che mandero’ all’on. Di Pietro, che potra’ agevolmente utilizzarlo come cappello alla sera, quando rientra nella clinica psichiatrica dove certamente risiede“. Ma il capogruppo Pdl al Senato non scherza quando aggiunge che “non posso dire altro di fronte alla follia di una persona che definisce nazista Berlusconi” e lamenta: “Abbiamo un pazzo tra noi“.

Fabrizio Cicchitto: “L’evocazione del nazismo negli anni ’30 per definire il governo Berlusconi e’ una esibizione di umorismo involontario da parte di Di Pietro“.

Senza parole





Scalfaro: Di Pietro ha commesso un reato. Nell’Idv si smarcano e Ostellino distrugge il trebbiatore.

29 01 2009

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Dopo le incredibili e vergognose affermazioni di Di Pietro contro Napolitano, continuano le critiche al trebbiatore di Montenero di Bisaccia.
Inizia Scalfaro, uno dei peggiori presidenti della Repubblica, ma amato dagli anti-berlusconiani

Presidente Scalfaro, l’Italia dei Valori ha attaccato il Quirinale in piazza Farnese. «Napolitano dorme», recitava uno striscione, mentre Antonio Di Pietro accusava il capo dello Stato di giudizi «poco da arbitro» e di «troppi silenzi» aggiungendo che «il silenzio è mafioso». Che cosa gliene pare?
«Questo secondo me è reato. Se le parole sono quelle riferite da radio e televisione, è certamente un comportamento illecito. Che stavolta non si può decentemente contrabbandare come un normale capitolo del dibattito politico. E’ vero, siamo in un regime democratico e la Carta costituzionale assicura a ogni cittadino la libertà di espressione, ma c’è un limite a tutto. La dialettica, anche aspra, è nella fisiologia del confronto, però a nessuno è lecito travolgere le istituzioni e infangarle impunemente. L’educazione e il rispetto dell’altro sono punti fondamentali del concetto stesso di democrazia».

Dopo una gelida risposta del Colle e molte dichiarazioni di solidarietà a Napolitano, Di Pietro si è difeso sostenendo che «in democrazia dev’essere permesso a tutti di avanzare critiche e di manifestare» e ha precisato di «non aver voluto offendere il presidente».
«Resto del mio parere. Non si possono lasciar passare nell’indifferenza sortite di questo genere. Davanti a queste forme gravi di abuso la democrazia si spegne. E qui siamo responsabili tutti: chi accetta questo sistema come se fosse normalità, chi tace, chi non reagisce. Tutti. L’esercizio del diritto democratico alla polemica, al dissenso, alla protesta va misurato sul registro della civiltà politica, tanto più quando a concedersi un linguaggio così intollerabile è un esponente di primo piano del Parlamento».

Anche nell’IDV si smarcano dalla rozzezza di Tonino. Ecco Donadi

È un dato oggettivo che Napolitano, in alcuni momenti molto delicati che hanno coinciso con passaggi dove la maggioranza ha posto in essere delle notevoli forzature istituzionali – ad esempio il Lodo Alfano o la ricorrente aggressione alla magistratura -, è stato parco di parole e a dir poco prudente. C’è chi in questo comportamento vede una debolezza del capo dello Stato, ma su questo tema io ho una mia idea che non coincide totalmente con quella del partito: credo che Napolitano abbia fatto bene a fare così

Però il leader dell’Idv ha detto che Napolitano non è un arbitro imparziale… “Sicuramente io ho un’opinione diversa. Da parte mia c’è un’oggettiva diversità di lettura su questi fatti che Di Pietro valuta come una colpa o come un non essere sempre stato all’altezza. C’è quindi una diversità di lettura di un dato oggettivo: la grande prudenza del capo dello Stato in Di Pietro porta a una valutazione di rimprovero al Presidente, io invece la vedo diversamente e credo che stia facendo quello che può nelle condizioni date

E già ieri in aula si era capito che non tutti nel partito personale di Di Pietro erano d’accordo con gli insulti del leader

Quando il presidente del Senato Renato Schifani ha espresso “la convinta solidarietà” dell’assemblea al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, stigmatizzando il comportamento di Antonio Di Pietro in Piazza Farnese, tutta l’assemblea ha espresso un lungo applauso in piedi, tranne i senatori dell’Idv. Ma non tutti. Perchè dei 14 dipietristi presenti a Palazzo Madama, tre in dissenso dal gruppo hanno apprezzato l’intervento di Schifani. I tre ‘dissidentì sono Luigi Li Gotti, che si è alzato in piedi ed ha applaudito; Alfonso Mascitelli che, pur rimanendo seduto, ha applaudito, ed Elio Lannutti, che in piedi ha scosso il capo rivolgendosi ai compagni di partito che erano rimasti a braccia conserte.

Oggi intanto Ostellino sul Corriere ridicolizza Tonino e gli spiega le ovvietà come si spiegano a un bambino

Alla manifestazione di ieri, promossa dall’Italia dei valori, c’era uno striscione che diceva: «Napolitano dorme, l’Italia insorge». Di Pietro ha detto che «i cittadini chiedono che si smetta di proporre leggi che violano la Costituzione », aggiungendo che «il silenzio uccide come la mafia». E si è così rivolto al capo dello Stato: «A lei che dovrebbe essere arbitro, possiamo dire che a volte il suo giudizio ci appare poco da arbitro e poco da terzo?». Poi, di fronte alla reazione del Quirinale, ha precisato che — denunciando «il silenzio che uccide » — non intendeva riferirsi al presidente della Repubblica. Insomma: una pezza peggiore del buco.

Forse, qualcuno dovrebbe spiegare al capo dell’Idv — che o non la conosce bene o pretende di stravolgerla quando non gli piacciono le leggi approvate dal Parlamento e firmate dal presidente della Repubblica — cosa dice la nostra Costituzione. Il nostro ordinamento — come tutti quelli delle democrazie liberali — è un sistema di pesi e contrappesi. I poteri — legislativo, esecutivo, giudiziario, cui si aggiungono le funzioni della Corte costituzionale e le prerogative del capo dello Stato — si contrappongono e mantengono in equilibrio il sistema, ad evitare che un potere prevalga sull’altro.

Il presidente della Repubblica non è dunque un arbitro che sbaglia un fuorigioco, ma l’autorità che può rinviare alle Camere le leggi del Parlamento per vizio di costituzionalità. Se il presidente non vi ravvisa vizi di costituzionalità non può fare altro che firmarle. In caso di rinvio alle Camere, il Parlamento le può (ri) approvare tali e quali — sfiorando un conflitto istituzionale — e, a quel punto, al presidente non resta che prenderne atto o rifiutarsi ancora di firmarle, aprendo, a sua volta, una crisi istituzionale. Spetta, infatti, alla Corte costituzionale giudicare — con parere motivato — se sono o no costituzionali, impedendone di fatto e in diritto la promulgazione.
La capacità di iniziativa che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica riguarda, dunque, la «forma» (giuridica), non il «contenuto» (politico) delle leggi. Il capo dello Stato può rinviare una legge al Parlamento non perché non gli piace, è ideologicamente di diverso avviso, bensì solo se vi ravvisa un vizio in punto di diritto. Lo stesso limite ha la Corte costituzionale. Se il presidente e la Corte non eccepiscono, le leggi sono legittime. Accusare il presidente di non fare l’arbitro — che è già in sé una castroneria, costituzionalmente parlando — e di firmare leggi che non dovrebbe firmare vuol dire accusarlo di violare la Costituzione, cioè di sovversione.

Giorgio Napolitano sta esercitando la sua funzione non solo in modo esemplare, con intelligenza e moderazione, che sono, poi, le sue qualità umane, oltre che politiche, ma nel pieno rispetto della Costituzione. Di Pietro — con la pretesa che il capo dello Stato si arroghi un diritto che non ha — manifesta una inclinazione autoritaria. Una brutta deriva, la sua, peraltro non estranea alla sua cultura, che qualcuno dovrebbe spiegargli. In punto di Costituzione.


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Di Pietro voleva fare un film sulla sua vita, prodotto da Cecchi Gori e con De Niro protagonista

27 01 2009

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Nella trama dei processi per bancarotta e fallimento a carico di Vittorio Cecchi Gori salta fuori – non indagato – anche Antonio Di Pietro. Agli atti l’ex pm ci finisce a causa di un uomo che rappresenta il legame tra lui e il produttore cinematografico: Sergio Scicchitano. L’avvocato di fiducia del leader Idv, promosso nel Cda dell’Anas quando Tonino era titolare delle Infrastrutture, era diventato, nel 2006, anche legale dell’ex patron della Fiorentina. E a dar retta agli inquirenti dell’inchiesta sul fallimento FinMavi, proprio Scicchitano si preoccupava di rafforzare l’amicizia tra i due suoi clienti, peraltro «già esistente», a sentire l’entourage di Cecchi Gori.

L’informativa della finanza segnala una cena a casa dell’imprenditore fiorentino.
Mara Meis, ex fiamma di Cecchi Gori, spiega di cosa si parlò

Un’informativa della guardia di finanza si sofferma su una cena a casa di Vittorio Cecchi Gori con l’allora ministro Antonio Di Pietro, l’avvocato Scicchitano, difensore di entrambi…
«La cena… ».

Se la ricorda?
«Sì. Eravamo a casa, a Palazzo Borghese a Roma. Ricordo che venne Antonio Di Pietro, l’avvocato Scicchitano, e poi c’era una donna con Di Pietro della quale non faccio il nome per una questione di privacy. Una signora gradevole, che Antonio ci presentò come sua amica, che non faceva parte né del mondo politico né di quello dello spettacolo. Di certo non era Ela Weber, di cui ho letto della storia che c’era tra loro su certi giornali scandalistici».

Perché la finanza avrebbe prestato tanta attenzione a questo incontro?
«Non chiedetelo a me. Era più una cena tra amici che un incontro istituzionale. Per parlare di cinema, visto che Vittorio è uno che in queste occasioni parla sempre lui, tanto che si è discusso non di cose pesanti ma piuttosto di arte, cose di cui si parla a cena per non pensare ai drammi della vita. Peraltro essendo stato Vittorio senatore, oltre a fare cinema, aveva molte conoscenze politiche, e Di Pietro era fra queste. Ora sì che mi viene in mente una chicca… ».

Dica.
«Proprio quella sera Di Pietro ha parlato del fatto che aveva desiderio di fare un film sulla sua vita. E voleva che qualcuno lo scrivesse bene, perché – spiegava – “deve comunque cogliere tutte quelle che sono state le varie fasi della mia vita”. Quindi per essere scritte e messe su una sceneggiatura voleva avere un nome di un professionista. Era anche disposto a fornire lui le notizie, e chiese a Vittorio se conosceva qualche sceneggiatore che potesse aiutarlo. Aveva questo desiderio, a cena ne parlò: “Per fare un film sulla mia vita – disse – vorrei trovare la persona giusta che sappia scrivere i fatti, e magari ci parlo prima pure un attimo”… ».

Non saltò fuori qualche idea sull’attore a cui affidare il ruolo del fustigatore di Mani pulite?
«Sì, certo, se ne discusse. Ma non si presero decisioni all’istante, e a pensarci bene non è che ci fossero tantissimi attori adatti al personaggio. Diciamo che il discorso era orientato sullo stile Robert De Niro, magari proprio uno straniero. Comunque era solo un primo approccio, voleva capire da un grande del cinema, come Vittorio, se era una cosa fattibile».

E Cecchi Gori era interessato?
«Come no. Disse: “Hai ragione Tonino, un film sulla tua vita deve essere un grande film… ”».

Altri particolari dall’informativa

Dall’ascolto delle telefonate di Vittorio, gli inquirenti si imbattono in Tonino. «(Cecchi Gori) … attraverso l’avvocato Scicchitano entrava in contatto con Antonio Di Pietro che, a dire di Tommaso (…) gli avrebbe prospettato l’ipotesi di presentarsi alle prossime elezioni per il suo partito». A dire di Pino Lattari, poi «Cecchi Gori avrebbe destinato i locali della galleria Borghese come sede della Fondazione Mani Pulite che Di Pietro vorrebbe realizzare. Poi c’è la cena. Che i finanzieri citano soprattutto per dimostrare il ruolo di Scicchitano. «Significativa la telefonata tra Scicchitano e Cecchi Gori del 5.12.2006, in cui il legale lo informava che il ministro voleva andare a cena a casa sua per fargli conoscere una persona e aggiungeva che bisognava fare bella figura». L’indomani la finanza annota: «In una successiva chiamata Scicchitano gli chiedeva le impressioni sulla persona presentata dal ministro. Cecchi Gori rispondeva che era rimasto molto soddisfatto, era un uomo molto amabile e intelligente».

Un film su Di Pietro sarebbe stato sicuramente interessante ma pochi sono veramente in grado di rappresentare al meglio, soprattutto nella parlata sconclusionata e sgrammatica, il mitico trebbiatore.

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Cristiano Di Pietro è indagato dalla procura di Napoli!

16 01 2009

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Dopo giorni di indiscrezioni e retroscena di ogni tipo pare proprio che Cristiano Di Pietro sia indagato dalla procura di Napoli
Leggiamo

È indagato, Cristiano Di Pietro. La Procura di Napoli lo ha iscritto per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio nell’ambito della inchiesta «madre» (il cui esito è allo stato imprevedibile) che riguarda il malaffare gestito dall’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise, Mario Mautone.

Anche Pravda Repubblica conferma e cerca di spiegare perchè Tonino era stato convocato

Più di tre ore davanti ai pm che indagano sugli appalti a Napoli e che hanno iscritto nel registro degli indagati il figlio Cristiano. Antonio Di Pietro si è recato nel pomeriggio nella sede della procura al Centro Direzionale per chiarire alcuni punti su cui si è particolarmente concentrata l’attenzione dei magistrati: in primo luogo la questione della fuga di notizie che ha caratterizzato la prima fase delle indagini e, indirettamente, la vicenda emersa dalle intercettazioni telefoniche dei rapporti tra il figlio Cristiano, consigliere provinciale dell’Idv di Campobasso, e l’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise Mario Mautone.
In serata trapela la notizia che Cristiano Di Pietro è stato iscritto nel registro degli indagati della procura partenopea, anche se le fonti giudiziarie hanno precisato che si è trattato di un “atto dovuto”.

E ancora

Cristiano Di Pietro è indagato. Il figlio del leader dell’Idv, consigliere provinciale a Campobasso, finisce nell’inchiesta sull’appaltopoli partenopea per quelle telefonate all’ex provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise Mario Mautone. Quelle in cui chiede al funzionario del ministero delle Infrastrutture, che all’epoca era guidato dal padre Antonio, informazioni su lavori e forniture per caserme molisane e incarichi per professionisti amici.
Evidentemente per i magistrati quei rapporti dal «contenuto alquanto ambiguo» tra il figlio di Tonino e il provveditore, così come raccontati nell’informativa della Dia, sono stati sufficienti a iscrivere il giovane Di Pietro nel registro degli indagati. E potrebbe non essere Cristiano l’unico esponente dell’Idv a finire coinvolto nel nuovo filone.

Insomma pare proprio che il partito di Di Pietro, l’Italia degli Onestoni non sia poi cosi onesta come si propaganda. Persino il figlio pare essere al centro di un sistema di malaffare piuttosto ampio.

E i misteri anche sul padre continuano a crescere

Il cittadino più protetto d’Italia, ufficialmente, è stato ascoltato a proposito di quella che in precedenza aveva definito «una grandissima puttanata»: la fuga di notizie, cioè, che a partire dal 29 luglio 2007 l’aveva già messo al corrente che il provveditore delle Opere pubbliche della Campania, Mario Mautone, uomo suo, era indagato a Napoli. Chi era stata la talpa? Querelato e snobbato, il Giornale gliel’aveva chiesto per settimane. Una faccenda «ambigua», scrissero gli investigatori. Ripetiamola per la centesima volta, anche per tutti quei giornali che non l’hanno scritta mai: la Dia ha scritto di circostanza «inquietante» perché Di Pietro e suo figlio, e un po’ tutta l’Italia dei Valori, improvvisamente, smisero di parlare a Mautone come se fosse appestato, cioè indagato; Di Pietro disse che aveva trasferito Mautone a Roma «perché sapevo dell’indagine», poi ha corretto e ha specificato che dell’indagine aveva appreso da agenzie di stampa: e non era vero neanche questo. Poi più nulla, zero, silenzio: sino a una non-spiegazione fornita sulle colonne di Libero per una questione appunto definita «una puttanata mostruosa». Ora chissà se l’arcano sarà stato svelato: non è detto che i magistrati già non sapessero come certe notizie siano uscite dal loro ufficio.

In tutto questo non si comprende nemmeno il trattamento di favore che è stato gentilmente regalato a Tonino il Trebbiatore

Non era un uomo: era un testimonial di categoria e, anche alla luce di passate vicende, senz’altro il cittadino più protetto del Paese. Altrimenti non gli avrebbero riservato un’accoglienza così sontuosa: giornalisti e fotografi, ieri, sono stati allontanati dall’ingresso della procura grazie a una disposizione ad horas del procuratore generale, provvedimento personalizzato e senza precedenti che ha sollevato ovvie proteste da parte di taccuini e telecamere.
Sono stati i cronisti a far notare che l’altro giorno, in occasione dell’interrogatorio di Italo Bocchino, che è solamente vice-capogruppo del Pdl, le cose erano state ben diverse: era mancato solo che i giornalisti fossero fatti entrare direttamente nella stanza dell’interrogatorio. Mentre ora, a protezione, mancavano solo i dobermann

Insomma pare proprio che la patente di onestà fosse stata contraffatta. Il sistema Di Pietro in Campania pare pronto a essere smontato e il tutto fa trasparire un giro di corruzione e malaffare degno dei partiti che il caro Tonino ha insultato per anni

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Ma il 22 dicembre l’IDV non doveva uscire da tutte le giunte campane?

29 12 2008

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Annunciava Di Pietro il 17 dicembre dopo lo scandalo Romeo

L’Idv fuori da tutte le giunte campane
Roma, 17 dic. (Apcom) – Lunedì tutti gli esponenti dell’Idv usciranno dalle giunte dei Comuni campani. Lo ha annunciato Antonio Di Pietro durante la riunione dell’esecutivo del partito. “Lunedì prossimo – ha detto – il costituendo ufficio di presidenza dell’Idv stabilirà l’uscita da tutte le Giunte in Campania finchè non si sarà risolta la questione morale”.

Ebbene oggi è il 29 dicembre e non si hanno notizie di alcuna uscita dei giustizialisti dalle varie giunte campane, ennesimo annuncio farlocco del trebbiatore?

Già due giorni dopo, gli annunci di Tonino non erano seguiti dalla base locale di Benevento

Altra città, altro ribelle: Nicola Augusto Simeone, Idv, non si muove (per ora) dall’ assessorato alle Politiche del lavoro della Provincia di Benevento. Almeno secondo quanto dichiarato ieri in un documento congiunto firmato dal presidente della Provincia Aniello Cimitile (Pd), dal capogruppo in consiglio provinciale dell’ Idv Michele Maddalena e dal commissario provinciale del partito Nunzio Pacifico: «L’ Idv resterà nella coalizione di centrosinistra – scrivono -. Condividiamo appieno la battaglia etica, culturale e politica che abbiamo il dovere di portare avanti in Campania e nel Paese e la decisione di ripensare la presenza degli esponenti dell’ Idv nelle giunte comunali, provinciali e regionale della Campania. Ciò rappresenta un primo passo per affrontare quella questione morale che costituisce il nodo principale per il futuro dell’ Italia». Ma? «Allo stesso tempo, però, dobbiamo anche avere la forza e la capacità di riflettere sulle differenti situazioni amministrative persistenti in ogni singolo territorio». Quindi? «Da questo punto di vista, come Idv, siamo convinti che il cammino fatto sinora alla Provincia di Benevento vada proseguito».

Nei giorni successivi ancora nulla, nessuna dimissione nè annunciata nè ratificata, ancora proclami sempre più generici su una futura uscita nelle varie giunte (magari ridotte, visti i mal di pancia, solo a Napoli e alla regione). Insomma un annuncio balla.

Di certo l’ennesima figuraccia in questa settimana pessima per il mitico Tonino.

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